

Il neonato piange e amiche, suocera e zie raccomandano di non tenerlo troppo in braccio perché altrimenti si vizia. Ora le neo mamme hanno però un'arma in più per ribattere a questa teoria. Christine Rankl, psicoterapeuta tedesca ieri a Trento invitata dall'associazione Il Melograno per presentare il suo libro «Così calmo il mio bambino», ritiene infatti che fino ai tre mesi è giusto che mamma e bambino abbiano un costante contatto fisico. L'esperta, co-fondatrice del reparto di psicosomatica neonatale presso il Wilhelminenstal di Vienna, mette piuttosto in guardia da altri comportamenti dannosi, come quello di esporre i neonati a troppe sollecitazioni piuttosto che il non tener conto del loro bisogno di dormire (nei primi tre mesi il neonato dovrebbe tornare a chiudere gli occhi dopo una fase di sveglia di un'ora e mezza al massimo) e di mangiare (cercare di rispettare un intervallo di almeno due ore e mezza tra una poppata e l'altra senza mai superare i 45 minuti di suzione).
Dottoressa, quali cose una mamma non dovrebbe mai fare quando il neonato piange?
Quello che bisognerebbe sempre riuscire a fare, e che però non sempre riesce, è non lasciarsi contagiare dalla tensione che sprigiona il bambino che piange e finire nel panico a causa del pianto. Bisogna invece cercare, se possibile, di dominare la tensione attuando uno stretto rapporto corporale col bambino. Una cosa da non fare mai è inoltre quella di scrollare i bambini. Piuttosto di fare questo, una mamma dovrebbe lasciare il bambino urlante nella stanza e uscire in quanto questi comportamenti possono essere pericolosi e provocare lesioni cerebrali.
Lei è una sostenitrice della fascia portabebè e di tutto ciò che favorisce il contatto fisico. Ma non c'è il rischio di viziare i bambini?
Il problema non si pone nei primi tre mesi, durante i quali il bambino ha bisogno di moltissimo contatto fisico anche se poi molto dipende dal bambino stesso. Ci sono bambini che nascono con capacità di autoregolarsi alta, altri molto più sensibili. Nei primi tre mesi farsi coccolare è comunque l'unico modo che il neonato ha per superare la fase di adattamento dopo essere venuto al mondo.
Lei è contaria al metodo Estivill, in Italia noto per il libro «Fate la nanna». Quali, secondo lei, le conseguenze sul neonato se il sistema viene applicato rigidamente?
In effetti sono fondamentalmente contraria a questo metodo in quanto lo ritengo troppo duro. Non è tanto un problema di danno irreparabile se il metodo viene applicato una volta. Il rischio è di cambiare atteggiamento nei confronti del bambino in quanto il fatto di allontanarsi dal bambino fa si che venga meno il discorso dell'empatia su cui io punto molto.
Una mamma, di solito, arriva però ad applicare questo metodo dopo averne provati molti altri. È quasi una estrema ratio.
Si tratta di un problema soprattutto di tempi. Può capitare che la mamma arrivi esasperata e abbia bisogno di applicare il metodo, ma è meglio applicarlo in maniera soft, magari allontanandosi dal bambino che piange per due minuti e non per quindici o mezz'ora. Io sono la prima a dire che delle regole vanno messe, ma sempre osservando il bambino in quanto ognuno è diverso e ha un temperamento diverso.
Come distinguere il pianto espressione di un bisogno dal capriccio?
Fino a tre mesi non importa quale sia il motivo del pianto del bambino, va comunque consolato. Non ci si deve chiedere se sia il pianto di un capriccio o di un bisogno. Dopo, intorno ai 6-9 mesi, il discorso è diverso. Al pianto del bambino bisogna comunque reagire sempre, anche se in maniera diversa a seconda dell'età. I piccoli hanno solo bisogno di essere stretti e di sentire il contatto. In generale, invece, i genitori di neonati che piangono molto non fanno «troppo poco» per il loro bambino, al contrario fanno troppo. Nel tentativo di distrarre il bambino creano una frenesia controproducente.
Fonte: l'Adige.