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Le linee guida per l'affidamento dei minori

Rappresentano uno degli strumenti a disposizione degli operatori che si trovano a dover prendere decisioni delicatissime sul futuro dei minori.

Sono state approvate dalla Giunta provinciale, su proposta dell'assessore alla salute e politiche sociali, Ugo Rossi, le Linee guida per l'affidamento familiare. Le Linee rappresentano uno degli strumenti a disposizione degli operatori che si trovano a dover prendere decisioni delicatissime sul futuro dei minori. Alla presentazione, accanto al presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai e all'assessore Ugo Rossi, erano presenti gli assessori competenti per le politiche sociali delle Comunità di Valle, i responsabili dei servizi sociali delle Comunità e i referenti delle strutture residenziali di accoglienza dei minori, nonché l'assessore competente del Comune di Trento, Violetta Plotegher. L'occasione è servita per dettagliare la preziosa attività svolta dai moltissimi soggetti che operano in questo settore. Il presidente Dellai, nel rivolgersi agli operatori presenti, ha infatti voluto rivolgere loro un caldo ringraziamento per la delicata attività e il loro impegno quotidiano a fianco dei più piccoli. L'assessore Rossi ha invece commentato: "Oggi possiamo parlare di un modello trentino per l'affidamento familiare che tiene conto della complessità e della delicatezza di tutti gli aspetti che il progetto attiva, attraverso il lavoro integrato e la cura di tutti i soggetti coinvolti".

In apertura il presidente Lorenzo Dellai ha voluto confermare la piena fiducia dell'amministrazione provinciale verso la rete dei servizi pubblici e le persone che vi operano: "Non lasciatevi turbare dalle difficoltà e dalle polemiche, spesso immotivate o sopra le righe. Quello che poi rimarrà sarà il valore del servizio reso, saranno i risultati concreti e l'impegno che quotidianamente mettete in questo delicato settore, il numero dei minori che attraverso la vostra attività riesce a superare i momenti di difficoltà. Da parte mia non posso che riconfermare la fiducia che la Giunta provinciale ha su tutto il sistema che si occupa dei minori - ha poi continuato il presidente - e l'impegno convinto e non episodico della Provincia autonoma di Trento su questo fronte: per noi questo rappresenta una parte di una politica più generale, che deve rivolgere la propria attenzione alla comunità, alle singole persone. C'è un dovere collettivo che ci unisce tutti, la coesione della società. Siamo in un periodo di grandi trasformazioni, di grandi cambiamenti, viviamo in una realtà dissociata e la pubblica amministrazione ha il dovere politico di investire sulle persone e quindi anche sulla famiglia, sui soggetti in difficoltà, sui principi di coesione. Vi esorto - sono state le conclusioni del presidente nel rivolgersi agli operatori - a trasmettere un messaggio a tutta la comunità perché esiste una grande emergenza educativa e bisogna iniziare a rimettere ordine nella scala dei valori civili".
Tornando sulle Linee guida, dall'assessore Ugo Rossi sono poi arrivate parole di ringraziamento per il lavoro quotidiano e l'esperienza messa a disposizione dei più deboli: "Le Linee guide vogliono essere uno strumento per tutti gli operatori del settore che aiuti ad attivare standard di comportamento, in un percorso delicato che è quello dell'affido familiare. Le Linee guida nascono dal basso, da una rete di operatori sociali e si affiancano a tutta un'altra serie di attività che portiamo avanti per la tutela dei minori. Complessivamente - ha poi ricordato Rossi - nel settore delle politiche rivolte ai minori (accoglienza in strutture residenziali e affidi familiari) investiamo come amministrazione provinciale 11 milioni di euro, e parlo non a caso di investimento e non di spesa, su quelli che in un certo momento della loro vita sono in difficoltà e che un domani diventeranno cittadini".
Il dirigente del Servizio politiche sociali e abitative, Luca Comper, ha poi ripercorso le tipologie di servizi residenziali rivolte ai minori che operano in provincia di Trento, ovvero un centro per l'infanzia gestito direttamente dalla Provincia, mentre per la parte del privato sociale vi sono: un centro di pronta accoglienza, 14 case famiglia, 3 comunità di accoglienza madri con bambino, 27 gruppi appartamento e 16 domicili autonomi.
Anna Berloffa, direttrice del Centro per l'Infanzia ha illustrato le caratteristiche di questo centro, aperto 24 ore su 24 e rivolto ai minori nella fascia 0-10 anni in situazioni di urgenza. Infine Manuela Tonolli, del Servizio politiche sociali, ha ripercorso le peculiarità delle Linee guida sull'affidamento familiare.
Il benessere del minore e la sua crescita positiva dipendono da molteplici fattori: esso non rappresenta solo la somma degli sforzi individuali dei genitori e dei membri della famiglia, ma è anche la conseguenza degli sforzi coordinati alle risorse che la comunità mette a servizio dei bambini. Per poter crescere e svilupparsi adeguatamente, il bambino ha necessità di un ambiente familiare che possa dargli una base sicura, ed è preferibile che questo ambiente possa essere la propria famiglia. Ma oggi nella nostra società ci sono molte famiglie con bisogni e difficoltà differenziati, che non riescono da sole ad occuparsi dei propri figli in modo adeguato e ad offrire loro ciò di cui necessitano, il benessere psicologico-educativo-affettivo e di cura fisica.
È in questo momento che le risorse che una comunità può mettere a disposizione dei bambini diventano importanti al fine di integrare quelle che la famiglia naturale non riesce a mettere in campo. A volte vi è necessità che un’altra famiglia accolga per un certo periodo il bambino o ragazzo a casa propria, fino a che i suoi genitori avranno superato le difficoltà che hanno originato la necessità dell’allontanamento da loro.
Questo è l’affidamento familiare. Si tratta quindi di un intervento definito sulla base dei bisogni del minore e della sua famiglia, considerando anche la complessità delle problematiche dei genitori naturali e della disponibilità della famiglia affidataria.
Nella provincia di Trento è attiva, da tempo presso il Servizio Politiche sociali e abitative - Ufficio Centro per l’Infanzia - un’équipe multidisciplinare per l’affidamento familiare (Emaf) che opera a livello centralizzato e che rappresenta il collegamento con il territorio, con le famiglie, con le Associazioni con i Servizi. Oltre alle attività relative alla promozione, conoscenza e valutazione, abbinamento, ecc. questa équipe coordina gruppi di lavoro allargati tra i diversi servizi , con la finalità di trattare, a più livelli, il tema dell’affidamento familiare, per lo sviluppo di proficue collaborazioni tra soggetti diversi e per la creazione di buone prassi e linee guida.
Le “Linee guida per l’affidamento familiare” sono il punto di arrivo di un percorso di approfondimento e confronto sull’affidamento familiare in Trentino avviato già da anni, con il coinvolgimento di molti soggetti, in particolare con il Servizio Sociale territoriale.
Si tratta di un documento operativo frutto di un percorso di condivisione e di pensiero sul tema dell’affidamento familiare, contiene una parte di prassi e procedure per l’attivazione di un progetto di affidamento. È illustrata anche la metodologia adottata dall’Equipe multidisciplinare per l’affido e gli orientamenti teorici.
La riflessione fondamentale che ha guidato tutti gli operatori coinvolti in questo documento è l’importanza di fare rete tra gli attori che affiancano i bambini e la famiglia che vivono l’affido familiare: un buon progetto, condiviso, può aiutare anche la famiglia in difficoltà a ritrovare la serenità giusta per riaccogliere nuovamente il proprio bambino.

L'affidamento familiare
La caratteristica distintiva dell'affido familiare è rappresentata dalla temporaneità, che presuppone la transitorietà delle difficoltà familiari (dunque una loro prognosi favorevole) e prefigura il rientro del minore presso la sua famiglia. Un aspetto fondamentale di un progetto di affido è il mantenimento dei rapporti tra il minore e la sua famiglia anche in previsione di un rientro dello stesso. I progetti di affido possono subire leggere variazioni a seconda della tipologia di affidamento necessaria nel caso particolare.
L’intervento di affidamento familiare viene attivato dal Servizio Sociale dopo un’attenta valutazione della famiglia naturale e del minore in collaborazione con gli altri soggetti coinvolti (la scuola, servizi specialistici che seguono il minore o i genitori, Emaf ed eventualmente il Tribunale per i Minorenni e la Procura se già coinvolti nel caso). Diverse, dunque, le valutazioni che vengono fatte prima di procedere con l'affido, indirizzate ad appurare: le potenzialità affettive ed educative della famiglia del bambino, compresa la rete parentale che può facilitare il recupero delle competenze familiari; la qualità dell’attaccamento tra genitori e figlio; la motivazione e le capacità genitoriali della famiglia candidata all’affido; le risorse del minore, le sue problematicità e la sua idoneità per affrontare l’esperienza affido nella sua complessità.
L’affidamento è disposto dal Servizio Sociale locale e reso esecutivo con decreto del Giudice Tutelare del luogo, se vi è il consenso dei genitori del minore; se il consenso manca provvede il Tribunale per i Minorenni, emanando uno specifico provvedimento e si definisce affido giudiziario.
Si può affermare che il progetto di affidamento non è un protocollo standardizzato ma è uno strumento flessibile e necessario per un buon andamento dell’affidamento familiare. Viene definito sulla base dei bisogni del minore e della sua famiglia, considerando anche la complessità delle problematiche dei genitori naturali e della disponibilità della famiglia affidataria, è quindi un intervento che va a toccare equilibri delicatissimi.
L’attività di vigilanza durante l’affidamento familiare è attribuita al Servizio Sociale territoriale che ha l’obbligo di tenere costantemente informati il Giudice Tutelare o il Tribunale per i Minorenni, a seconda che si tratti di un affidamento consensuale o giudiziario.
L’affidamento ha durata temporanea ed è legato al superamento delle condizioni che hanno determinato l’allontanamento del minore. La durata dell’affidamento non può superare i 24 mesi, una proroga può essere disposta solo dal Tribunale per i Minorenni, qualora la sua sospensione rechi pregiudizio al minore.
L’affidamento familiare si conclude con un provvedimento emanato dalla stessa Autorità che l’ha disposto, tenendo conto sia dell’interesse del minore che dell’evoluzione positiva della situazione del nucleo d’origine.
Il Giudice Tutelare, alla conclusione del periodo previsto del progetto di affido consensuale, può richiedere al Tribunale per i Minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti a tutela del minore. Il Giudice Tutelare ha facoltà di sentire sia il Servizio Sociale territoriale che lo stesso minore per poter prendere delle decisioni più opportune alla situazione.
Gli affidatari hanno il dovere di accogliere presso di sé il minore e l’obbligo di provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, nel rispetto delle indicazioni dei genitori per i quali non siano stati adottati dal Tribunale per i Minorenni dei provvedimenti limitativi o ablativi della potestà genitoriale e delle indicazioni offerte dalla Autorità affidante. I poteri connessi con la potestà genitoriale vengono esercitati dagli affidatari in riferimento agli ordinari rapporti con la scuola e con l’autorità sanitaria..
È importante sottolineare che la famiglia di origine del minore è chiamata a collaborare in tutte le fasi del progetto di affidamento familiare ed è informata accuratamente del significato e degli scopi dello stesso. Parallelamente al progetto di affidamento, la famiglia di origine riceve il supporto costante dai Servizi per il superamento delle difficoltà che hanno reso necessario l’allontanamento del minore.
Le finalità delle linee guida approvate oggi dalla Giunta provinciale sono:

l’affermazione e la diffusione della cultura dell’affidamento familiare; in una logica che tenga conto della centralità del minore e del suo bisogno di tutela, della progettualità educativa, dell’integrazione tra soggetti e professioni diverse, dell’aiuto alla famiglia in difficoltà tenendo conto delle risorse presenti e del sostegno e cura rivolto tutti i soggetti.
La qualificazione e lo sviluppo omogeneo dell’affidamento familiare su tutto il territorio provinciale.
La forte integrazione tra istituzioni pubbliche e private, tra enti e Servizi.
L’articolazione dell’intervento di affidamento familiare nelle sue diverse fasi (prassi e procedure condivise).
Il rilanciare l’affidamento familiare nei diversi territori, come intervento prioritario (secondo quanto disposto dalla legge 149/2001).
Il garantire una presa in carico (sociale e psicologica) efficace ed efficiente ai minori in affidamento familiare e alle proprie famiglie.

Data di pubblicazione
31/10/2011
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Pubblicato il: Lunedì, 31 Ottobre 2011 - Ultima modifica: Giovedì, 08 Marzo 2018

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