

"Gli ultimi anni hanno visto crescere l‟importanza dei territori in ogni settore di attività: il protagonismo delle regioni, la nuova centralità degli attori di società
civile, la predisposizione di nuovi strumenti per governare sono solo alcune delle spinte alla territorializzazione nel campo delle politiche per la famiglia. Uno degli
esperimenti più interessanti in questa direzione è sicuramente il tentativo della Provincia Autonoma di Trento di creare un territorio amico della famiglia. Il
presente rapporto di ricerca focalizza l‟attenzione sul disegno complessivo del progetto trentino e su una sua particolare verticalizzazione, il Distretto Famiglia".
Questo l'incipit della ricerca di Matteo Orlandini per l'Osservatorio nazionale sulla famiglia, divisa per capitoli. Si va dal marchio Family in Trentino alla descrizioni dei vari Distretti Famiglia, per arrivare alle conclusioni finali. Uno studio che entra nel dettaglio delle iniziative e dei progetti trentini, con descrizione puntuale, mettendo in rilievo anche i punti critici. E alla fine il ricercatore ne trae le conclusione che si possono leggere qui sotto, che attestano la bontà della politica per la famiglia nella nostra provincia.
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IL CASO TRENTINO.
CONCLUSIONI: VERSO UNA FILIERA PROVINCIALE DI SERVIZI A CULTURA FAMILIARE
Dopo questo lungo excursus, si può dire qualcosa di definitivo sul tentativo trentino di territorializzare le politiche per la famiglia? Logicamente, per una tale
operazione scontiamo ancora il fatto che tutto il sistema di politiche è ancora nella fase embrionale. Eppure alcune dinamiche sono da accennare.
Innanzitutto, per una valutazione complessiva del progetto è necessario considerare la variabile tempo, seguendo almeno due ragioni: la prima è legata
all‟origine del “Trentino–Territorio Amico della Famiglia”, ossia la crisi demografica; la seconda è connessa al lento strutturarsi delle politiche familiari,
secondo una logica “attori-risorse”. Come accennato precedentemente, le componenti demografiche hanno trend di medio-lungo periodo a ciò si aggiunge
la strada culturalista intrapresa dalla Provincia Autonoma di Trento che sicuramente accentua questa dinamica. Se questa premessa è vera, è comunque
su questi dati (sia demografici che di servizi alla famiglia) che il progetto dovrà in futuro essere misurato. Per ora ci possiamo solo soffermare sull‟impostazione sul
disegno delle politiche e sul sistema di governance.
In effetti, la parabola che il disegno delle politiche familiari ha tracciato è molto istruttiva:
Per ciò che riguarda i mezzi si è assistito ad un forte sviluppo: le iniziali politiche esplorative, centrate sulla valorizzazione
dell‟esistente, nel 2004-2006, che hanno visto la messa in campo del marchio “Family in Trentino”, lo Sportello Famiglia e il Family Audit, hanno
fatto maturare l‟idea di sperimentazioni su aree precise di intervento, nel 2007 e 2008, con l‟inizio delle attività dello Sportello Accoglienza e dei
Progetti di promozione familiare, per arrivare al Libro bianco del 2009 e alla legge del 2011 che hanno fatto diventare le politiche familiari in Trentino politiche strutturali.
Anche gli scopi che si poneva il sistema delle politiche sono evoluti: da una logica promozionale in cui si afferma il
principio della capacità familiare a disegnare un proprio progetto di vita, ad una operatività delle famiglie e delle proprie associazioni, così come di
qualsiasi altro attore, per creare alcuni servizi family-friendly. L‟approdo finale è l‟idea di un territorio, quindi di un sistema in cui sono presenti
tutte le componenti economiche, sociali, culturali e relazionali, a misura di famiglia.
La prima vera novità, che integrava il progetto di politiche familiari in Trentino nel 2004, è la logica interassesoriale: uscire
da una competenza sociale nel campo della famiglia ha contribuito ad impostare un lavoro di rete in cui più competenze, sia amministrative che
operative, e più attori, sia pubblici che privati, si intersechino. Il Libro bianco del 2009 fa un passo ulteriore: intende la sussidiarietà come copartecipazione
costante, paritaria e professionale tra una molteplicità di attori.
I valori promossi dal sistema trentino di politiche familiari ruotano attorno al concetto di benessere familiare. Un benessere non inteso in termini individuali, ma relazionali.
Queste sono le nuove politiche familiari: strutturali, territoriali, per il benessere, agite tramite partenariati sociali. Questo modello è esportabile in altri contesti? Io
penso di sì se accettiamo una clausola. Il percorso svolto dalla Provincia di Trento rimanda ad una logica di azione sussidiaria102, intesa come:
1 - disapprendere vecchi habitus di lavoro: uscire da una logica assistenziale;
2 - riapprendere il nuovo compito: entrare in una logica promozionale;
3 - allearsi con altri attori: valorizzare la società civile e le aziende, creare partnership sociali;
4 – riflettere costantemente sulle proprie azioni: utilizzare strumenti flessibili
(accordi di area, gruppi lavoro) e formativi (corsi universitari di perfezionamento, incontri formativi).
Se questo è il percorso compiuto dal “Trentino – Territorio Amico della Famiglia”, possiamo ora vedere se una delle sue verticalizzazioni, quella del Distretto
Famiglia, sta funzionando. Da un punto di vista economico, il Distretto Famiglia della Val Rendena si struttura su un mercato del lavoro specializzato nel turismo
familiare; la filiera che offre servizi per la famiglia nel settore sciistico-invernale ha infatti acquisito una competenza elevata e una divisione locale del lavoro
particolareggiata: funivie, alberghi, scuola di sci, rifugi e ristoranti coprono, come abbiamo visto, una buona gamma delle offerte turistiche per la famiglia, con
standard appositi e tariffe familiari. Il vantaggio economico del Distretto Famiglia si manifesta soprattutto nella fidelizzazione della clientela e nella riduzione dei
costi legati alla comunicazione come possiamo registrare da questi stralci di intervista: «L‟incentivo c‟è stato secondo me nel discorso di promozione. Il fatto di dire
che…tu parli con aziende che…Funivie, noi privati: in un anno spendi 50 mila euro per fare promozione sui giornali, se incominci ad aver Il Sole 24 Ore che ti fa due
articoli…».
«…effettivamente d‟estate, scontistica e servizi, anche su persone del luogo, vedi che c‟è un maggiore utilizzo. Non è una cosa da 1 a 100. Però è una cosa che si
nota. Quello, secondo me, che fino adesso è riuscita meglio è quella di riuscire a regolarizzare il nostro servizio. Mentre prima magari facevi queste cose, ma non
eri organizzato bene, magari il bambino ti dava quasi fastidio perché appunto non c‟era l‟attrezzatura. Adesso siamo riusciti a fare in modo che tutto vada
meglio […] Diciamo che l‟aumento c‟è stato da parecchi anni sul discorso family, non è che perché dall‟anno scorso c‟è stato qualcosa in più…però si vede che c‟è
stato un aumento, io lo noto. Nella struttura di Pra Rodont, dove abbiamo il kinder, dove ci sono…siamo passati da 5-7 bambini a 15-20. Siamo passati da 10
bambini che stavano due ore, non mangiavano a l‟utilizzo del servizio ristorativo.
Fai un servizio di un certo tipo, glielo portano, li fanno stare comodi. La conoscenza…magari il primo anno non sanno che c‟è e non lo sfruttano, il
secondo anno sanno che c‟è, vedi che funziona. Vedi che c‟è un aumento, sicuramente, dell‟utilizzo».
«…sicuramente la mamma che arriva con il bambino la prima volta e vede che gli diamo subito il bavaglino, il bicchiere di plastica, il suo piattino apposta, la
tovaglietta per fare i suoi disegnini, io vedo che tornano un‟altra volta. Questo vuol dire che funziona».
«La tariffa Extra Large l‟abbiamo testata […] È stata una piacevole sorpresa. E senz‟altro questo lavora sulla fidelizzazione dei nostri clienti. O sul passaparola.
E questo sicuramente ci darà un vantaggio. Anche se non riusciamo a quantificarlo. Sul progetto “Ski Family in Trentino” in termini assoluti se
volessimo vedere, dato che diamo delle gratuità per i figli, è un mancato incasso, in realtà le famiglie che sono venute a sciare da noi probabilmente non sarebbero
mai venute a sciare. E questa è una percezione, che non siamo riusciti a misurare, ma una percezione abbastanza netta che abbiamo avuto in biglietteria, con i
ragazzi che un po‟ monitoravano queste situazioni. Per cui il vantaggio economico non riusciamo a misurarlo, però riteniamo che ci sia».
Il Distretto Famiglia si muove su un piano organizzativo in cui è la famiglia il motore del progetto (family-driven), e in questo sicuramente l‟aiuto maggiore
viene dal fatto che buona parte degli attori coinvolti hanno famiglia e questo li aiuta a lavorare in un‟ottica familiare: «Essendo io, il mio voce-presidente, il mio consigliere delegato, ossia la maggior
parte degli interlocutori, famiglie. Ci siamo detti: “Ne vale la pena. Facciamo coincidere una serie di obiettivi”. Da qui è nata l‟idea di lavorare su un
distretto».
«Su quattro (soci, ndt), tre sono genitori da poco, per cui tutti…abbiamo 5,6 figli. Il più grande ha 6 anni, la più piccola 10 mesi. Perciò ti accorgi di queste
necessità». Come abbiamo già visto, non sono da sottovalutare neppure le logiche che affermano lo sviluppo tecnologico ed innovativo del Distretto Famiglia, con la
sperimentazione di Baby Little Home e lo “Ski Family in Trentino”. D‟altra parte un ruolo importante nel processo di apprendimento sono le dinamiche di
imitazione ed emulazione, che si articolano nei rapporti tra gruppo di lavoro strategico e gruppo di lavoro locale: «Ad esempio ci chiamano dalle funivie, piuttosto che dal parco, piuttosto che altri
enti, per sapere: “Come facciamo?” Una consulenza che diamo al Distretto. Alcune cose le facciamo noi, altre cose le fanno altri […] Abbiamo fatto tanto sui
comuni. I comuni avevano come accordo per l‟accesso al Distretto il conseguimento del marchio family. Con loro, con quelli più sensibili li abbiamo
contattati, ci hanno contattato loro. Si muovono loro su questo. Ho notato questo. Nel Distretto si muovono loro, arrivano loro con le richieste. Ed è un fatto
positivo».
Infine, un‟ultima logica che viene mutuata dal distretto economico è quella dei first movers advantages. Ad esempio, per Funivie l‟accordo di area ha significato:
«un qualificare gli interventi di marketing che abbiamo fatto fino adesso. Nel senso che abbiamo acquisito una maggiore consapevolezza. E forse riusciamo a
fare un ulteriore passo avanti, che senza questa idea complessiva, queste sensibilità, queste sollecitazioni che sono arrivate non avremmo compiuto. Perché
no, anche una forte visibilità: l‟essere stati promotori di questo progetto chiaramente ci aiuta».
Sul lato economico il Distretto Famiglia sembra procedere piuttosto speditamente, anche se alcuni strumenti di rendicontazione potrebbero favorire la visibilità del
ritorno monetario, comunicativo e di sviluppo dell‟appartenenza al distretto. Calcolare gli incassi legati a queste politiche tariffarie, misurare le entrate dei
servizi offerti tramite marchi family e annotare quante persone utilizzano il distretto: possono essere alcuni dei temi amministrativo-contabili del progetto.
D‟altra parte il distretto sta ampliando l‟offerta turistica family-friendly anche alla stagione estiva, con quella che ho chiamato “filiera offerta paese”: passeggiate a
misura di bambini e di famiglie, parchi giochi segnalati, marchi “Family in Trentino”, conciliazione estiva ed invernale sono i nuovi servizi su cui si sta
impegnando il gruppo di lavoro locale. In questo caso lo sviluppo di idee innovative può ancora fare buoni passi in avanti, sfruttando le peculiarità di
Pinzolo e dei Comuni limitrofi: l‟offerta sportiva estiva, l‟intrattenimento per bambini, l‟ospitalità di convegni e seminari a carattere familiare, etc.
La parte meno strutturata, per ora, è sicuramente quella sociale. In parte ciò è dovuto alla definizione stessa di Distretto Famiglia: la legge sul benessere
familiare parla, infatti, di un circuito economico e culturale a carattere familiare. La parola sociale non compare, eppure uno degli scopi centrali del distretto è
proprio quello di creare servizi per la famiglia. Vedo due ostacoli ad una impostazione anche sociale del Distretto Famiglia: il primo è legato alla logica dei
piccoli passi, il secondo alla scarsa strutturazione della cultura familiare nel campo dei servizi alla persona.
Il Distretto Famiglia in Val Rendena è riuscito a lavorare con una buona governance e ad attivare alcune attività con una logica step by step, molto mirata
e circoscritta. Di fronte a problemi più ampi come quelli relativi alla prima abitazione, alle migrazioni, alla cura degli anziani, che pure sono stati rilevati
come bisogni primari nella valle, questa logica del “piccolo è bello” può non funzionare. Qui, forse, viene in soccorso l‟esperienza tedesca delle Alleanze per la
Famiglia: all‟intersettorialità delle alleanze si somma la molteplicità dei livelli di azione. Ossia, ci possono essere settori di attività che trovano la loro operatività
solo se il distretto si amplia o se esso entra in relazione con una filiera a carattere provinciale. Il secondo ostacolo, anche all‟interno di una realtà più ampia del
singolo distretto, potrebbe essere la mancata inculturazione familiare dei servizi alla persona: questi ultimi molto spesso lavorano sì in un‟ottica solidaristica, ma
spesso hanno come target il singolo più che la relazione familiare, inoltre si muovono più sulla condizione di disagio che sulla capacitazione dell'utente.
Dal mio punto di vista, occorre che l‟associazionismo familiare lavori con la stessa logica di azione sussidiaria che la Provincia ha utilizzato per disegnare il progetto
di politiche familiari: disapprendere, apprendere, allearsi e metariflettere.
Esperienze positive che possono fare da traino di nuovi settori di impegno se ne possono trovare, soprattutto in Trentino (l‟idea ormai decennale delle
tagesmutter, le forme parificate di gestione degli asili, lo sportello accoglienza, etc). Gli strumenti, soprattutto grazie alla legge sul benessere familiare, non
mancano: finanziamenti sino all‟80% del funzionamento di un‟associazione, formazione di alto livello, contratti relazionali e personalizzati come i progetti
familiari di conciliazione. I temi da affrontare sono numerosissimi, come si può ben rivelare dalla tabella 13: dall‟housing sociale, al sostegno alle maternità
difficili, dalla costruzione di reti familiari ai servizi innovativi per l‟infanzia, dall‟affido di minori a quello di anziani, dai servizi domiciliari agli hospice, dai
centri di aggregazione giovanile all‟audit. Non c‟è che l‟imbarazzo della scelta.
Un ultimo punto mi preme sottolineare: una delle difficoltà maggiori con cui oggi si confronta il Distretto Famiglia della Val Rendena è la partecipazione attiva delle
famiglie. Difficilmente le famiglie prendono parte ad iniziative pubbliche, a meno che non si riesca a cogliere un tema concreto (lavoro, educazione dei figli, eventi
che segnano le transizioni familiari, etc). Dall‟interesse per questi argomenti pratici si può costruire una rete di relazioni familiari solide e durature,
mantenendo però il simbolismo familiare come punto focale di ogni attività.