

La sindrome della morte improvvisa del lattante è la prima causa di decesso dei bambini nati sani nel loro primo anno di vita, le incidenze nei Paesi occidentali sono di un caso ogni 750-1000 nati; ancora più grave è la morte del feto verso il termine della gravidanza, perché la sua incidenza è 10 volte superiore a quella della "morte in culla". Prevenire, secondo gli ultimi studi, è possibile. Questa mattina, l'assessore alla salute e politiche sociali, Ugo Rossi, ha portato l'esperienza della Provincia autonoma di Trento - prima in Italia a dare attuazione concreta alla legge 31 - al convegno organizzato presso la Biblioteca ambrosiana dal Centro di Ricerca "Lino Rossi" dell'Università di Milano, evento sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Ad affiancare l'assessore provinciale vi erano: i dottori dell'Unità di Anatomia patologica dell'ospedale di Rovereto, Francesco Piscioli e Teresa Pusiol, nonché il primario di Ginecologia dell'ospedale di Rovereto, Marco Ioppi, e il direttore dell'Osservatorio epidemiologico, Silvano Piffer.
"Ancora una volta la nostra Provincia si dimostra fra le più attive in Italia nel campo sperimentale: in questo caso, grazie al lavoro delle nostre Unità Operative di Anatomia patologica degli ospedali di Trento e Rovereto, stiamo dando da tempo concreta attuazione alla legge nazionale 31 relativa al riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome delle morti improvvise infantili - sono le parole dell'assessore Ugo Rossi -. Dalle ultime ricerche svolte dal centro Lino Rossi di Milano, infatti, si è potuto stabilire che, accanto a cause genetiche, uno dei fattori di rischio più incisivi è rappresentato dal fumo di sigaretta materno. Questa ricerca ha portato ad alcuni risultati inattesi e straordinari, perché sembra che molte delle patologie che colpiscono gli adulti nel corso della vita, siano dovute proprio alle condizioni in cui il feto si sviluppa. Risulta quindi evidente - sono le conclusioni dell'assessore provinciale alla salute - che dobbiamo sempre più agire in un'ottica di prevenzione. Per questo oggi a Milano abbiamo stabilito di sottoscrivere in tempi rapidi una convenzione che faccia entrare la Provincia autonoma di Trento all'interno di questo network di ricerca sulle morti in culla, che vede fra i partner il Centro Lino Rossi e referenti della comunità scientifica internazionale. E nei prossimi mesi intendiamo elaborare una campagna di sensibilizzazione rivolta agli operatori sanitari e alle famiglie per contrastare l'esposizione a fattori di rischio ambientali e stimolare le persone verso stili di vita corretti, al fine di ridurre l'incidenza di queste morti inaspettate".
Oggi alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, la Provincia autonoma di Trento è stata dunque ospite d'onore per il suo programma di attuazione del riscontro diagnostico delle morti in culla. La legge 31, infatti, detta i provvedimenti fondamentali per prevenire le affezioni che possono svilupparsi non solo nel corso dello sviluppo fetale (disturbi dell’accrescimento, malformazioni, emorragie cerebrali del prematuro, morte improvvisa perinatale e in culla) ma anche nell’età infantile e nell’adulto: campagne di sensibilizzazione e di informazione, programmi di formazione continua, promozione della ricerca anatomo-clinica, genetica ed epidemiologica e progetti di sostegno psicologico ai familiari delle vittime. La Legge prevede che le Regioni individuino i Centri per il riscontro diagnostico dei lattanti deceduti improvvisamente, che per la Provincia autonoma di Trento sono le Unità di Anatomia patologica degli ospedali di Trento e Rovereto, mentre l'Osservatorio epidemiologico dell'Apss trentina si occupa della raccolta dei dati per la banca dati nazionale.
La morte improvvisa del feto, nelle nazioni più sviluppate, secondo recenti dati dell’OMS (Neonatal and Perinatal Mortality, Ginevra 2006), ha l’incidenza di un caso ogni 100-200 gravidanze. Essa si manifesta nel 90% dei casi nelle ultime settimane di gestazione e nel 10% durante il travaglio; il 50-75% di tali morti improvvise risulta inspiegabile a causa principalmente della mancanza di approfondite indagini specie anatomo-patologiche.
La morte fetale inaspettata e “inspiegabile” al termine della gravidanza è quindi la singola causa di decesso più frequente nel periodo perinatale nel mondo occidentale. La sua incidenza è circa 10 volte superiore a quella della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS o “morte in culla”) che colpisce un lattante apparentemente sano ogni 750-1000 nati e si pone come la più frequente causa naturale di decesso nel primo anno di vita.
I fattori di rischio determinanti sono rappresentati dal fumo di sigaretta materno (i cui effetti altamente lesivi sono incrementati dall’azione sinergica degli inquinanti atmosferici), da altre droghe, dall’alcolismo materno e da farmaci per lo più sedativi. che modificano l’assetto genetico delle cellule del sistema nervoso autonomo.
Incommensurabili saranno le ricadute scientifico-finanziarie che deriverebbero dalle accresciute conoscenze di questa patologia, conoscenze proprio centrate su quel periodo perinatale ancora così oscuro, ma oggi “scrigno” di molte “risposte" preventive a patologie dell’adulto e persino dell’anziano; sono state già individuate numerose affezioni post-natali ad insorgenza fetale, quali disturbi di maturazione del polmone, substrato dell’aumento di frequenza delle malattie infiammatorie ed allergiche dell’apparato respiratorio nella prima infanzia, anomalie di sviluppo della corteccia cerebrale, plausibile substrato di disturbi comportamentali, dell’attenzione e della memoria, e le malformazioni cranio-facciali. Spicca il riconoscimento dell’origine fetale dell’aterosclerosi provocata dal fumo di sigaretta, per lo più materno, favorita dall’inquinamento atmosferico.